Nelle nostre case siamo sottoposti a vari tipi di disturbi acustici: rumori aerei provenienti dall’esterno (traffico stradale, ferroviario, rumori di attività produttive), rumori aerei e impattivi provenienti dai vicini (calpestio), rumori provenienti da impianti all’interno dello stesso edificio (scarichi dei sanitari, riscaldamento, autoclave).
La normativa acustica italiana è sufficientemente completa da garantire un’adeguata tutela dei cittadini dai disturbi di rumore di varia origine. Per i rumori immessi nelle abitazioni provenienti da impianti ed attività produttive vicine la legge definisce un limite molto restrittivo a tutela del cittadino, definito “criterio differenziale” (DPCM 14/11/97).
Esso consiste nel misurare, all’interno delle abitazioni, la differenza di rumore che si verifica con la sorgente di disturbo attiva e in assenza di tale sorgente; il massimo scarto consentito dalla legge è di 5 decibel in periodo diurno (dalle ore 6:00 alle ore 22:00) e di 3 decibel in periodo notturno (dalle ore 22:00 alle ore 6:00). I disturbi acustici provenienti dal vicinato, quando sono dovuti a comportamenti irrispettosi o a maleducazione, sono regolati dal Codice Civile (articolo 844), e dal Codice Penale se arrecano disturbo alla quiete pubblica (art. 659).
Non sempre però i disturbi sono da addebitarsi a pessimi comportamenti del vicino, quanto piuttosto ad un vizio costruttivo dell’edificio che non garantisce il necessario isolamento acustico. In tal senso, con il DPCM 5/12/97, la legge obbliga i progettisti ed i costruttori a realizzare gli edifici con un adeguato isolamento acustico sia dai rumori esterni, sia dai rumori interni.
Negli ultimi anni ciò ha dato luogo a contenziosi fra costruttori e acquirenti per immobili privi dei requisiti minimi di isolamento acustico previsti dalla legge, che in alcuni casi hanno portato al deprezzamento dell’immobile stesso in ambito giudiziario.